Il coniuge separato che ha rinunziato all’assegno di MANTENIMENTO ha diritto all’assegno sociale

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Il coniuge separato che ha rinunziato all’assegno di MANTENIMENTO ha diritto all’assegno sociale

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Pubblicato da Avv. Antonio De Simone in INFORMATIVE FISCALI E LEGALI · Lunedì 24 Apr 2023
Tags: assegnomantenimentoconiuge
E' l’importante principio recentemente affermato dalla Sezione Lavoro del Tribunale di Trani, con sentenza n. 502 del 24 marzo 2021, riguardante il caso di un cittadino che, pur in possesso dei requisiti di legge, si era visto ingiustamente negare dall’Inps il diritto all’assegno sociale, in quanto – a dire dell’Istituto previdenziale – non sarebbe sussistito, in capo al predetto, lo “stato di bisogno” richiesto dalla legge avendo questi in passato rinunciato, in sede di separazione personale dalla propria moglie, alla richiesta dell'assegno di mantenimento, ragion per cui vi sarebbe stata la possibilità di richiedere ed ottenere dal Giudice un assegno di mantenimento nei confronti della propria consorte separata e divorziata.
Occorre ricordare che l’assegno sociale è stato istituito, a far data dal 1 gennaio 1996, dall’art. 3, comma 6, L. 8 agosto 1995, n. 335, in luogo della pensione sociale, ed è una prestazione assistenziale erogata in favore dei cittadini italiani e stranieri, residenti in Italia, che abbiano compiuto 65 anni e possiedano redditi di importo inferiore ai limiti previsti dalla stessa legge, e, a decorrere dal 1° gennaio 2009, “a condizione che abbiano soggiornato legalmente, in via continuativa, per almeno dieci anni nel territorio nazionale” (art. 20, comma 10, D.L. 25/6/2008, n. 112, conv., con modif., in L. 6/8/2008, n. 133).


Dunque, trattasi di una prestazione economica, il cui importo per l’anno 2023 è pari ad euro 503,27 spettante per tredici mensilità, che viene riconosciuta a prescindere dal versamento di contributi, purchè si sia in possesso dei prescritti requisiti di legge, ovvero: quello anagrafico, che, a partire dal 1° gennaio 2019, è stato fissato a 67 anni, quello della cittadinanza italiana e del soggiorno legale, nonché quello reddituale che, per l’anno 2023, prevede il non superamento del limite di reddito annuo pari ad euro 6.542,51, ovvero euro 13.085,02 se il soggetto è coniugato.

Ebbene, il Tribunale tranese, nel caso esaminato, ha respinto l’eccezione dell’Inps e, verificata la sussistenza, in capo alla parte ricorrente di tutti i summenzionati requisiti di legge, ha conseguentemente riconosciuto il suo diritto alla prestazione assistenziale, richiamando giustamente un principio espresso, in tema di assegno sociale, dalla Corte di Cassazione (Cass. n. 6570/2010), secondo cui “l’art. 3 della legge n. 335 del 1995 assegna rilievo non alla mera titolarità dei redditi, ma alla loro effettiva percezione”, conseguendone che “il reddito incompatibile al riconoscimento della prestazione sociale assume rilievo solo se effettivamente percepito”.

Né, peraltro – aggiunge acutamente il giudice tranese – “si può ritenere che i coniugi siano tenuti a prevedere l’assegno di mantenimento ogni qualvolta vi sia una situazione di squilibrio economico reddituale per non perdere la possibilità in futuro di ottenere l’assegno sociale. Ciò comporterebbe, infatti, una sostanziale limitazione della libertà di separarsi/divorziarsi il cui esercizio risulterebbe in concreto subordinato alla pattuizione di condizioni che potrebbero non essere accettate dall’altro coniuge ed anche non volute dallo stesso diretto interessato il quale, per le ragioni più svariate, potrebbe scegliere di non chiedere alcun assegno all’altro coniuge senza che ciò possa precludere la possibilità di chiedere e ottenere l’assegno sociale”.  
La sentenza del Tribunale di Trani, del resto, si pone nel solco dell’orientamento, ormai chiaro sul punto, della Corte di Cassazione che, con sentenza n. 14513/2020, ha statuito che ““il diritto alla corresponsione dell'assegno sociale prevede come unico requisito lo stato di bisogno effettivo del titolare, desunto dall'assenza di redditi o dall'insufficienza di quelli percepiti in misura inferiore al limite massimo stabilito dalla legge, restando irrilevanti eventuali altri indici di autosufficienza economica o redditi potenziali, quali quelli derivanti dall'assegno di mantenimento che il titolare abbia omesso di richiedere al coniuge separato, e senza che tale mancata richiesta possa essere equiparata all'assenza di uno stato di bisogno”. Di recente, con sentenza n. 29109 del 6 ottobre 2022, la Corte di Cassazione è tornata nuovamente sulla questione ribadendo ancora una volta che lo "stato di bisogno" richiesto dalla legge non deve essere necessariamente "incolpevole".

Lo studio De Simone, testimonia, così, direttamente, una sentenza che ha modificato, in modo radicale, le condizioni di attribuzione assegno sociale.

Esperto in diritto del Lavoro, Previdenziale ed Assistenziale, Sanitario e Civile, di Famiglia e Minorile

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