«Ogni sonata, o ogni testo, è espresso dai soli mezzi della musica strumentale in maniera tale che solleciterà necessariamente l'impressione più profonda nell'animo dell'ascoltatore più distratto.», sono parole dello stesso autore, di una opera composta da sette perle di dieci minuto ciascuno, scritta in varie versioni a partire dal 1786, commissionata da don José Sáenz de Santa María per le celebrazioni del Venerdì Santo nella chiesa della Santa Cueva di Cadice.
È un’opera di una modernità straordinaria, oggi diremmo una musica da concerto meditazione, il cui scopo era quello di commento sonoro alle meditazioni del sacerdote, dopo aver pronunciato ognuna delle sette frasi che Cristo pronuncia sulla croce, la “Summa Passionis”, prese dai Vangeli.
È una musica che attraverso pause, dissonanze, melodie che salgono e scendono, che scandiscono metricamente i testi delle varie parti, parla di ferite, sospiri, dolore ma anche di luce e speranza.
Per esempio, “Hodie mecum eris”, il secondo brano, inizia con un’atmosfera tetra, buia, come il momento oscuro della sofferenza, con le lacrime e i sospiri, i cromatismi dolorosi degli archi.
Ma il secondo tema è il primo tema, ma “illuminato”: si trasforma, quasi si rallegra per la promessa di arrivare alla felicità eterna. Il dualismo buio-luce, che sempre ha caratterizzato il settecento e l’ottocento musicale, qui trova un uso sapiente e adatto, non più solo ricreativo per le orecchie, ma diventa poetica, assume significato letterale e spirituale.
Ma il capolavoro arriva alla quinta sonata: “Sitio”, Ho sete. Qui Haydn, ci fa sentire addirittura le gocce d’acqua, con i pizzicati degli archi, tipico procedimento compositivo per evocare questa immagine, che eseguono due sole note, sulle sillabe Si-tio.
Due note per creare tutto; il suo allievo Beethoven, ne userà quattro, per farne la Sinfonia n.5.
Abbiamo parlato di scansione sillabica musicale delle parole, o come vengono chiamati “motti musicali”, ma alla fine arriva l’evocazione potente, il Terremoto che al termine della Passione sconquassa tutto, utilizzando tutto ciò che in musica può rappresentare uno stravolgimento, in questo caso la Natura che partecipa in prima persona all’evento della Passione: fortissimi, ritmi frenetici, poliritmia (ritmi diversi suonati dalle varie parti dell’orchestra), dissonanze, tremoli, note accentate.
Il degno finale pirotecnico di un’opera meravigliosa, che merita di essere ascoltata e meditata.
Per approfondire
Riccardo Muti Massimo Cacciari, Le sette parole di Cristo, edizioni “il Mulino”.
Un sipario che si apre sulla vita...
[1] Il titolo originale è “Musica instrumentale sopra le 7 ultime parole del nostro Redentore in croce ovvero Sette Sonate con una introduzione ed alla fine un Terremoto”.