“Metti un po’ di MUSICA … perché ho voglia di NIENTE”: il tormentone tutt’altro che leggerissimo

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“Metti un po’ di MUSICA … perché ho voglia di NIENTE”: il tormentone tutt’altro che leggerissimo

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Pubblicato da M° Marco Corcella in MUSICA E TEATRO · 5 Maggio 2021
Tags: musicasanremoleggerezza

Prima serata dell’ultimo Festival di Sanremo.
Ammetto di essere tra quelli che lo seguono senza preconcetti, con l’orecchio dell’ascoltatore musicista attento a come vengono messi insieme i suoni.
In un momento di disattenzione con gli occhi al computer, dopo l’annuncio degli sconosciuti (alle mie orecchie) Colapesce e Dimartino, parte una bella ritmica di chitarra acustica con tanto di plettro morbido su accordo di Re minore e fischiettio di accompagnamento abbastanza ruffiano.
Mi fermo. Mi accorgo che c’è qualcosa di interessante. Nei giorni successivi la riascolto.

Musica leggerissima, non ho problemi a dirlo, è, in un certo senso, un capolavoro.

Funziona, piena di citazioni colte nascoste come messaggi subliminali, che non distingui nettamente ma arrivano: son quelle cose che accadono nella musica, che ti colpiscono ma non sai perché.



Il fischietto iniziale che omaggia gli spaghetti western della premiata ditta Morricone-Leone, la chitarra da spiaggia e gli archi disco-pop che hanno i loro progenitori nell’ultimo Battisti, o volendo nei Bee Gees, la melodia quasi mononota che ricorda molto Jobim, le percussioni ancestrali che inducono al movimento, coronato dal balletto incluso nel prezzo.
Niente sembra a caso, una canzone costruita scientificamente per essere una Hit cantatadai soldati, i figli alcolizzati, i preti progressisti… [che] si annida nei pensieri, in palestra tiene in piedi una festa anche di merda”: insomma, nel testo un manifesto di ciò che sarebbe accaduto.
Poi ognuno ci vede quello che vuole, cose che accadono nella musica, si creano delle suggestioni che magari colpiscono solo te, altri invece ci vedono altro, come i test psicologici con le immagini sulla personalità.
Per quanto la si possa pensare in maniera differente, soprattutto essendo prodotto sanremese, questo brano assolve completamente ad una delle funzioni per le quali la musica è stata creata nei secoli: puro e semplice intrattenimento, anche se in questo caso anche molto arguto e intelligente.
Sa cogliere il contesto storico, una necessità impellente, senza giri di parole complicati: è uno scheletro sul quale poggiare le voci di gente stanca del momento, con “parole senza mistero, allegre ma non troppo” “per non cadere nel buco nero che sta ad un passo da noi”, che parla di depressione senza mai utilizzare il vocabolo.
Quindi non un capolavoro di alta letteratura musicale, ma la musica non deve sempre far pensare; qualche volta fa bene anche a farci “spensierare”, in maniera intelligente.

Musicista e Insegnante di Chitarra  

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