Schadenfreude. Il cinico godimento nella sofferenza dell'altro

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Schadenfreude. Il cinico godimento nella sofferenza dell'altro

Cittadellinfanzia.it
Pubblicato da CIttà dell'Infanzia in PARLIAMO DI... · Sabato 09 Mar 2024
Tags: sofferenzapiaceregodimento
Schadenfreude (definizione Treccani)
"Il piacere maligno che si prova di fronte agli insuccessi e alle sfortune altrui."

Un termine forte, tedesco, unione di due parole "schaden - danno" e "freude - gioia", che racchiude una certezza per la quale nutriamo disagio. In verità, è un sentimento che facciamo fatica ad accettare perché ci catapulta nell'incontrovertibile assioma di "felicità se l'altro sta peggio di me". Con l'avvento dei social questo fenomeno ha acquisito proporzioni quasi incontenibili. I bias cognitivi ci dicono che il cervello è fortemente attirato da ciò che induce eccitamento. La spettacolarizzazione dell'altrui sofferenza è, ormai, il focus su cui poggia la maggior parte del mainstream. Senza sofferenza non c'è audience, non ci sono click né coinvolgimento. Il dolore è la "call to action" offerta all'utente "distratto" che, abboccando all'amo con il succulento verme della pena provata verso il "protagonista della storia", attiva sentimento di solidarietà diffusa e appartenenza. In taluni casi si assiste, addirittura, a un sovvertimento del giudizio che passa da totale indifferenza a seducente adulazione. Ci piace, profondamente, sapere che la vita dell'altro non sia costellata solo di successi.

Anzi, i successi, generalmente, sono poco accattivanti e fastidiosi, mentre le tribolazioni solleticano anche le anime più sopite (ciò che viene definita "domanda latente") e colui o colei che il giorno prima era invisibile, o causa del nostro disagio, magicamente, diviene vessillo di fierezza.

Quello che costituisce un vero e proprio problema è riporre su questo genere di "popolarità" speranze di visibilità duratura. lo schadenfreude è un sentimento naturale, non necessariamente mefistofelico, ma pericolosissimo se non controllato. Immaginiamo una personalità narcisistica che diviene perno di una fama immediata, folgorante, grazie ad una storia mesta e commovente raccontata.



Quali le conseguenze? Innanzitutto, statisticamente, la popolarità istantanea tende, altrettanto istantaneamente, a scomparire, se non supportata da un "baricentro" di progettualità solido (che debba, però, necessariamente esulare dalla narrazione luttuosa). Ma quello che più spaventa è la possibilità, per il protagonista, di credere che quell'attenzione divenuta diffusa, sempre e pedissequamente ricercata nella propria ristretta cerchia, possa essere attribuibile ad una grandezza umana certa e confermata platealmente.

Gli effetti divengono devastanti di fronte alla scoperta, amara, di essere, dopo quell'ondata, "uno, nessuno, centomila", perché si eclissa la sicurezza, desunta dall'altrui compassione, di essere unici.

L'idea di unicità è labile. Ognuno di noi è unico e meravigliosamente diverso dall'altro. Tuttavia, c'è chi assimila questo concetto come identità di bellezza in comunità, in una sinergia di vita gratificante in cui divenire fondamentale ingranaggio di crescita umana, e chi lo distorce come identità assoluta contro o manipolando la comunità per nutrimento del proprio ego. In questa seconda eventualità, la notorietà profusa collettivamente può generare un moto violento, inverso e, all'estinguersi di essa, gettare il "malcapitato" nel vortice della solitudine, una solitudine potenziata in modo direttamente proporzionale alla fragile e rapida notorietà conquistata. I media stanno contribuendo, senza contenimento alcuno, a questo drammatico fenomeno sociale. Il nostro appello è di ricorrere a un pizzico di lucidità. Non bisogna, per forza, scrivere, cliccare, condividere e lasciarsi trasportare dall'istinto di sentirsi "superiori" di fronte ai drammi. Un momento di riflessione in più, una pausa, in alcuni casi, può davvero salvare una vita e fare la differenza. Siamo fatti di sangue, cuore e anima, ma anche di raziocinio e intenti. Per brillare nel firmamento delle possibilità, siate persone da fare invidia, non pena!

...e tu, proprio tu, dietro quel monitor o tastiera...pensa, prima di...



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