LE NOZZE DI FIGARO - Parte seconda

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LE NOZZE DI FIGARO - Parte seconda

Cittadellinfanzia


L'impulso amoroso agisce su quasi tutti i personaggi de Le nozze di Figaro. All'aprirsi del sipario facciamo la conoscenza di Figaro, cameriere del Conte d'Almaviva, e di Susanna, cameriera della Contessa. Si amano. Il Conte ha finalmente dato il consenso alle nozze ed essi sono tutti presi dai preparativi: l'uno indaffarato a misurare la stanza per collocarvi il letto, l'altra intenta a provare il cappellino da lei stessa foggiato. L'importanza dell'orchestra nel delineare i personaggi e tessere le fila del dramma è chiara sin da subito: Mozart suggerisce il diverso carattere dei due giovani assegnando a Figaro un disegno semplicissimo enunciato dal primo violino, e a Susanna una melodia circolare e spensierata affidata a flauti e oboi. Ma la serenità domestica è scossa ben presto dalla rivelazione della ragazza: quella stanza il Conte l'ha ceduta loro per poter stare più vicino all'amata Susanna. Rimasto solo in scena, Figaro rimugina su quanto ha appreso: dunque il padrone ha messo gli occhi addosso alla sua promessa sposa, ed è persino intenzionato a ripristinare lo ius primae noctis recentemente abolito. Ma così non sarà, parola d'onore! Per Mozart è inconcepibile che l'aria, al modo tradizionale, si configuri come un momento di stasi, un'interruzione nel corso della vicenda drammatica: il numero solistico (e con esso il duetto, che il melodramma settecentesco aveva ridotto per lo più a un'aria a due voci) deve essere azione esso stesso. Non è necessario che sia un accadimento esterno a motivarlo; più spesso si tratta di un fatto interiore, un mutamento che interviene durante il pezzo stesso e che la musica si incarica di comunicarci con i propri mezzi. L'aria di Figaro sfugge alle categorie del melodramma settecentesco. Si apre all'insegna della rabbia soffocata, del risentimento sordo, sempre sul punto di esplodere, di un servo nei confronti del suo signore; il proposito di vendetta non è tradotto in accenti violenti, ma si traveste di un ironico invito alla danza scandito su un metro di minuetto, come si conviene a un Conte: «Se vuol ballare, signor contino, il chitarrino le suonerò». Poi però gli ardori imprudenti sbolliscono e il personaggio capisce che è meglio usare le armi della dissimulazione. Al termine del brano Figaro non è più quello che era all'inizio: alla collera impaziente e un po' confusa sono subentrate la riflessione lucida e il calcolo accorto. Intanto don Bartolo, antico tutore della Contessa, e la governante Marcellina stanno macchinando qualcosa che potrebbe costituire un ulteriore ostacolo alla felicità dei due protagonisti: la donna ha intenzione di valersi di un foglio che ha fatto firmare a Figaro una volta che aveva bisogno di un prestito, e nel quale si impegnava a sposarla. Usciti costoro, ecco sopraggiungere trafelato il paggio Cherubino, figlioccio della Contessa, il quale chiede aiuto a Susanna affinché induca la padrona a intercedere in suo favore presso il Conte che lo ha sorpreso da solo con Barbarina, la figlia del giardiniere. Come abbiamo detto, Cherubino è l'incarnazione di quella forza elementare, fluttuante e irresistibile, sempre pronta a gettare scompiglio nelle vicende umane, che è l'eros. Il desiderio è movimento, esattamente come la musica; e dunque nella musica Cherubino, innamorato di tutte le donne perché innamorato dell'idea stessa dell'amore, trova il suo naturale mezzo d'espressione. Mozart ne ha fatto un ruolo en travesti, assegnandogli la voce femminile di contralto. Non mi pare che il carattere androgino che ne deriva sia inverosimile; lo trovo anzi un tratto di sconvolgente realismo: Cherubino è appena uscito dall'età infantile e avverte l'eros come erompere inatteso di forze vitali sconosciute. Il desiderio si muove in lui ancora confusamente, senza una meta precisa; un'ambiguità, questa, perfettamente rispecchiata dal suo statuto vocale. La sua prima aria («Non so più cosa son, cosa faccio») esprime tutto lo smarrimento e la solitudine che la mancanza di reale consapevolezza e l'assenza di un concreto oggetto del desiderio suscitano nel personaggio. L'asso nella manica dell'opera buffa, a cui Le nozze di Figaro si ricollegano, era rappresentato dai numeri d'insieme: i cosiddetti concertati, nei quali alla staticità contemplativa dell'aria si sostituiva la vivace interazione tra i personaggi, e i finali d'atto – sorta di “commedia nella commedia”, come la definirà Da Ponte – in cui tutti i personaggi del dramma si ritrovavano riuniti in scena, secondo una successione di duetti, terzetti, quartetti, e via dicendo, che non seguiva uno schema prefissato ma si modellava sulle esigenze dell'azione, dando vita a un dialogo vivacissimo ed elettrizzante. Ecco un primo esempio nel celebre terzetto del primo atto. Sopraggiunge il Conte a chiedere a Susanna un appuntamento “galante”, e Cherubino si nasconde dietro una poltrona; poi dal corridoio giunge la voce del pettegolo don Basilio, e ora è il Conte a cercare riparo dietro la poltrona; allora il paggio – recita il libretto – «gira con destrezza e si getta nel seggiolone», prontamente nascosto da Susanna con un abito. All'udire da Basilio che Cherubino spasima per sua moglie, il Conte esce dal nascondiglio avviando il terzetto. A ognuno dei tre personaggi coinvolti è assegnato un tema: il Conte è caratterizzato da una minacciosa figurazione ascendente, che ne mostra lo sdegno e l'indole passionale; Basilio si esprime su un breve motivetto discendente, che ne suggerisce il tono mellifluo e la natura ipocrita; la disperazione – più o meno autentica – di Susanna è invece evocata da una melodia più ampia e mossa. La formidabile coincidenza tra musica e azione deve molto all'opera buffa italiana; ma c'è una novità fondamentale: l'intero terzetto si sviluppa, secondo una logica prevalentemente strumentale, sull'elaborazione e sull'intreccio di queste tre idee melodiche che migrano su parole, situazioni e talvolta personaggi diversi. Giusto un esempio. Il Conte racconta che il giorno addietro, in casa di Barbarina, egli ha sorpreso il paggio nascosto sotto un mantello; a mo' di esempio solleva la veste che copre la poltrona e chi vi trova? Cherubino, ovviamente. Notate come, a un certo punto, il Conte finisca per adottare il tema rattrappito di Basilio, emblema della natura ipocrita del personaggio: la musica ci sta dicendo che le insinuazioni dell'intrigante erano fondate. L'arte dei suoni, dunque, si rivela capace di suggerire cose che la parola non può dire. Capiamo allora cosa Mozart intendesse quando, in una lettera al padre, affermava che la poesia deve essere «devota figlia della musica».  Mentre Susanna si affanna a difendere il paggio, arriva Figaro a chiedere di affrettare le nozze. Il Conte prende tempo, e intanto punisce Cherubino imponendogli di raggiungere sull'istante, col grado di ufficiale, il suo reggimento. «Non più andrai, farfallone amoroso» canta Figaro, prendendo in giro il ragazzo. È un'aria celeberrima, ma in realtà vi si cela un duetto “mancato”: perché se è indubbio che a cantare è il solo Figaro, è anche vero che Cherubino, continuamente chiamato in causa e provocato, non può che reagire infastidito a quel dileggio un tantino sadico; e davvero ci pare di vederlo, il povero fanciullo, mentre cerca di replicare senza successo. Come se non bastasse, la marcia conclusiva arriva a coinvolgere anche gli altri personaggi presenti in scena, Susanna, il Conte e Basilio, tutti trascinati nella più esilarante delle pantomime. Il seguito dell'opera nella prossima puntata! Immagine tratta da https://piccoliviaggimusicali.blogspot.it/...


Domenico Andriani, musicologo   

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