LA QUARTA DI BEETHOVEN: L’AVVENTURA CONTINUA

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LA QUARTA DI BEETHOVEN: L’AVVENTURA CONTINUA

Cittadellinfanzia

Ai grandi compositori basta poco per creare i viaggi sonori più avvincenti. Nel caso del secondo movimento – Adagio – della Quarta Sinfonia di Beethoven (https://www.youtube.com/watch?v=RMzLZsoPDU4) tutto ha inizio da una semplice figura ritmica di accompagnamento, ripetuta piano dai violini secondi: un’elementare successione di due note, lunga e breve, separate da una piccola pausa. Tà-tatà-tatà-tatà-tatà... Su di essa, i violini primi e le viole iniziano a cantare una melodia dolcissima, dal profilo discendente, ben presto raccolta anche dai legni con una tenerezza che personalmente trovo struggente. Come vi ho detto tempo fa, l'aspetto più emozionante di una sinfonia è che, se la si ascolta con attenzione e immaginazione, essa racconta sempre una storia. Una storia diversa per ognuno di noi – anzi, diversa a ogni nuovo ascolto. I personaggi di questa storia sono le melodie di ogni movimento, dette temi; ma vi possono essere ingredienti musicali molto più piccoli, spesso così piccoli che si è soliti chiamarli cellule. Beethoven era maestro nel conferire dignità di personaggio a elementi così esili, costruendo su di essi avventure sonore straordinariamente ricche e avvincenti. Ogni sua composizione diviene allora un cammino lungo il quale quei materiali di partenza, apparentemente tanto gracili, fecondano l’intero tessuto musicale mediante continue trasformazioni. Un po’ come accade agli organismi viventi, che crescono e si sviluppano a partire da una minuscola unità. O come accade alla nostra vita interiore, ai nostri stati d'animo e ai nostri sentimenti: non sono mai gli stessi, mutano senza sosta. In questo caso una rudimentale cellula ritmica, introdotta dapprima con funzione di semplice accompagnamento, si impone via via come il motore del discorso musicale. Ascoltate che grande varietà di colori ed espressioni quell’elemento di partenza assume nel corso del brano: entra in scena con aria modesta, defilata, sostenendo discretamente il tema principale, per poi balzare prepotentemente in primo piano, e poi ancora condurci a un secondo malinconico tema affidato ai clarinetti sull'accompagnamento singhiozzante degli archi, cui fanno eco gli altri fiati. Momento magico, quest’ultimo: come se per pochi secondi si schiudesse davanti agli occhi della nostra immaginazione un paesaggio notturno attraversato dai richiami misteriosi di una romantica lontananza. Improvvisamente il cielo si fa corrusco, il discorso prende una piega drammatica, finché non accade qualcosa di sorprendente: i timpani si impossessano della cellula ritmica a noi ben nota introducendo la ripetizione “fiorita” (cioè punteggiata di abbellimenti) del tema principale; infine, in un improvviso silenzio, quella stessa figura ritmica, dopo aver percorso il movimento da cima a fondo, prende congedo da noi con la voce sommessa dei timpani: tà-tatà-tatà-tatà-tatà... Sebbene Beethoven l’abbia designato come «Menuetto», termine che rinvia alle sinfonie di Haydn e Mozart, il terzo movimento è ben lontano dalle simmetrie graziose e un po’ inamidate della tradizione settecentesca: ce ne rendiamo conto fin dall’attacco del tema principale, con quel suo profilo ritmico zoppicante e nervoso, pronto a propagarsi tra gli strumenti fino a contagiare l'intera orchestra. Nella sezione centrale – chiamata Trio – legni e violini intessono un incantevole dialogo sul movimento frusciante degli archi.                      
Ed eccoci al finale, Allegro ma non troppo. Un veloce arabesco dei violini, simile a un formicolio, si trasmette a tutti gli archi innescando un perpetuum mobile di irresistibile buonumore. Con la comparsa di una nuova melodia più distesa e cantabile, che dall'oboe passa prima al flauto poi agli archi, la corsa parrebbe rallentare, se non irrompesse di nuovo l'invadente motivo iniziale scatenando nell'intera orchestra una tempesta di accordi violenti e dissonati. Più avanti, eccolo battibeccare deliziosamente con i fiati per poi affermare le sue ragioni a suon di vigorose sferzate e infine ridursi a un borbottio via via più debole; a questo punto la voce di un fagotto isolato, impossessandosi comicamente del formicolante tema iniziale, rimetterà in moto la girandola sonora. Ma non è ancora tutto, perché nelle ultime battute Beethoven ha in serbo per noi una trovata musicale inattesa e memorabile. La ridda si è appena conclusa e il motivo iniziale, riproposto ad un ritmo insolitamente dilatato, si spegne a poco a poco sino ad ammutolirsi; ma proprio quando sembra che la corsa l'abbia finalmente sfiancato, ecco che quello rompe d'un balzo il silenzio trascinando l'orchestra in una fragorosa cadenza!                                                                                                             
(Immagine tratta da http://www.likepainting.com)


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