Basta imporre medaglie per vanità! Gli atleti hanno bisogno di umanità, anche in GARA

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Basta imporre medaglie per vanità! Gli atleti hanno bisogno di umanità, anche in GARA

Cittadellinfanzia
Pubblicato da Prof.ssa Angela Bini in DIDATTICA E DINTORNI · 23 Febbraio 2021
Tags: agonismorispettosport
La sveglia, emozionata più di me, alle ore 06.45, squilla, dicendomi che è ora di prepararsi per il grande giorno, quello che vedrà partecipare un’allieva della mia scuola sportiva ai campionati regionali di pattinaggio artistico.
Lei, la mia piccola atleta, è già pronta, in divisa e ben pettinata: mi appare serena, nonostante la prova che sta per affrontare.
Ansiosa solo di vivere la nuova esperienza del gareggiare che come tassello prezioso di un mosaico chiamato crescita personale, andrà ad aggiungersi a tutti gli altri tasselli che, da anni ormai, senza forzature e paure, col mio insegnamento, miro ad incollare in modo armonioso, al fine di ben delineare il disegno unico ed irripetibile del suo essere.
Non fotocopia di altre costruite identità.
Eccoci negli spogliatoi di accesso alla pista. Mi preme solo di osservare che l'animo di Miranda sia invaso solo dall'emozione, e che provi positivi sentimenti.  É bellissima! Vestita di azzurro come i suoi occhi di ingenua adolescente.

Le rivolgo parole affettuose e nessuna aspettativa di vittoria può trasparire dal mio sorriso, decisamente in contrasto col broncio delle allenatrici e pattinatrici che mi circondano.
Mai avrei pensato di assistere al peggiore scempio pedagogico, commesso proprio nell'ambiente sportivo, di sani valori da trasmettere!

La ragazzina dai capelli rossi non ha terminato la sua coreografia, lascia la pista senza concluderla, colta da un giustificabilissimo sconforto che l'assale dopo l’ennesima caduta.
Ma, mi domando ...chi non cade oggi?



Tutti fan conoscere il pavimento ai propri glutei, aggiungendo suono al frastuono di musiche assordanti.
Ma la sua istruttrice, elevando l' indice della sua punitiva mano, che ricorda quella del fra Cristoforo descritto dal Manzoni ne "I promessi sposi", la rimprovera severamente ed ammonisce, dando il colpo di grazia alla sua già minata emotività.
Vorrei poterla abbracciare e dirle che è stata bravissima, che non è accaduto nulla. Di non preoccuparsi.
Ma non posso che provare dispiacere come madre, e risentimenti come insegnante, indignata da un atteggiamento che offende l'educazione in sé dandone cattivo esempio.
Noto che anche altre allenatrici hanno questo modo di porsi nei confronti delle proprie atlete, sulle quali è evidente il peso della responsabilità di portare medaglie alla società sportiva di appartenenza.
E quanto pesa la medaglia conquistata da chi, ora che la competizione è giunta a conclusione, sale sul gradino più alto del podio posizionato al centro di una pista che vede schierarsi tutte le atlete che hanno gareggiato?
Sarebbe stata davvero la caduta più fatale, da mandarla in ospedale, quella causata alla vincitrice in questione, dallo spintone ricevuto da chi tutto quel merito vuol prendersi al fine di dimostrare il suo valore di allenatrice?
Quale valore?

Non ho trovato alcun valore umano e sportivo in quegli spogliatoi e pista.
In quei comportamenti antipedagogici, distruttivi della labile psiche di giovani da rinforzare ed incoraggiare.

Ora comprendo gli abbandoni improvvisi di quei bambini e ragazzi stressati dalle aspettative dei loro allenatori, e dei loro  genitori …
Tutto inutile se ha portato a peggiorarsi, o addirittura ad annullarsi, come annullata nel suo più interiore "io" è l'atleta ritiratasi all’ultimo momento dalla gara.



Il suo corpo le ha dato chiari segnali di una malattia inesistente, ma di pur evidenti sintomi di vera insofferenza ad un insano agonismo .
"Non è cosa tua. Andiamo!", le dice con burbero tono la sua delusa istruttrice, trascinandola in quel nulla in cui finiscono i sogni dei bambini, trasformati abilmente in bisogni.
Falsi bisogni, di passiva dipendenza.
Provo anche per lei, sempre da mamma ed insegnante, tantissima tenerezza, ma il mio cuore esulta per la bellissima medaglia di partecipazione che la mia piccola e coraggiosa allieva porta senza presuntuosa ostentazione, al collo. La guardo mentre se la guarda. Le brillano gli occhi, per la soddisfazione di quanto sia riuscita a fare nella sua prima gara. Per la commozione, che procura lacrime anche a me ed alla sua mamma.
"Hai vinto!", le diciamo così, allontanandoci da un mondo, che non comprendiamo, ma che intendiamo frequentare...per provarlo a cambiare.

Docente di Educazione Fisica e Insegnante di Danza e Pattinaggio a Rotelle

Continuate a seguire "".
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