LA LIBERTÀ DI DIRE: “NO!” - Parte prima

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LA LIBERTÀ DI DIRE: “NO!” - Parte prima

Cittadellinfanzia
Pubblicato da Dott.ssa Grazia Dilernia in APPRENDIMENTO · 27 Novembre 2017
Tags: saperdiredinopedagogia

“Il gruppo si era costituito per la passione che ci accomunava: la musica. Provenivamo da esperienze musicali differenti e desideravamo creare qualcosa che ci offrisse la possibilità di cantare in un ‘ensemble di voci’ diverse fra loro, ma che potessero intersecarsi in modo fluido e omogeneo. All’inizio tutto sembrava andasse nel modo giusto. Ci accordavamo sui giorni in cui incontrarci per effettuare le prove e il nostro entusiasmo era l’ingrediente fondamentale che sembrava accrescere il desiderio di produrre qualcosa che ci rendeva speciali insieme. Il nostro coro era affidato alla professionalità e all’esperienza, in ambito musicale, di una donna, nostra compagna di idee per questo originale progetto. Ci fidavamo di lei e ogni incontro era vissuto da tutte con enorme trasporto e coinvolgimento emotivo. Ci sentivamo apprezzate da lei per l’impegno che dimostravamo e per i complimenti che non mancava mai di rivolgerci circa la bellezza di ogni singola voce.
Fu un periodo di idillio. Insieme sprigionavamo una energia tale da sognare grandi cose. Fu allora che qualcosa cominciò a mutare.
La nostra leader-insegnante ci propose di mettere su un vero e proprio spettacolo. Le nostre voci avrebbero avuto il supporto di musicisti, ballerini e la nostra esibizione si sarebbe svolta in un vero teatro. La mia prima reazione fu di lusinga a tale invito. Avrei potuto realizzare ciò che avevo sempre sognato! Ma le richieste, da parte della nostra insegnante, cominciarono pian piano a divenire più impegnative. La sua imposizione sugli aspetti da curare per lo spettacolo era divenuta pressante, maniacale e il sorriso fra di noi si era già quasi spento. Intanto la mia vita era attraversata da altre priorità. Avevo il mio impegno lavorativo part-time e,  prima di ogni cosa, una famiglia di cui occuparmi. Ciò che era cominciato come un gioco, come un passatempo per divertirsi insieme agli altri, stava diventando un incubo. Una sera arrivai al consueto appuntamento per le prove con un leggero ritardo. Il mio bambino non era stato bene e mi ero trattenuta più a lungo a casa. Al mio arrivo fui rimproverata in malo modo dalla nostra insegnante. Mi disse che non mostravo più l’interesse dei primi tempi e questo avrebbe potuto causare problemi al nostro progetto. Non fu tanto quello che disse a ferirmi, quanto  il modo in cui lo espresse. Il suo senso di superiorità, il suo distacco e la freddezza, mi fecero molto male. In quel momento mi resi conto che nessuna delle presenti aveva avuto il coraggio di reagire ad una tale offesa. Nessuna aveva avuto la forza di difendermi. Erano soggiogate e calpestate da una personalità con un forte carisma, che nuoceva pesantemente al benessere di tutto il gruppo. Non potevo accettare che le cose peggiorassero, per questo mi venne in mente…”.  
Cosa avrà pensato di fare la protagonista di questo racconto? Provate anche voi, cari lettori, a suggerire un vostro parere. Quale potrebbe essere la soluzione più adeguata in una situazione come questa?                                         
Vedremo cosa accadrà nella seconda parte dell’articolo...


, pedagogista, educatore extrascolastico

Chiedi alla pedagogista di "Psicopedagogia". Leggendo attraverso anima e relazioni.



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