DIO E GLI ANGELI ATTRAVERSO GLI OCCHI DEI BAMBINI. VIAGGIO ALLA SCOPERTA DELLA SPIRITUALITA’ INFANTILE
Pubblicato da Dott.ssa Iolanda d'Abbruzzo in APPRENDIMENTO · 24 Ottobre 2017
Tags: cosapensanoibambinididio, formazionespirituale
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Gentilissimi lettori, oggi voglio porre alla vostra attenzione una riflessione sullo sviluppo spirituale dei bambini, con il riferimento a Pina Tromellini, pedagogista nelle scuole e strutture pubbliche per l’infanzia di Reggio Emilia, specialista in terapia familiare e infantile, la quale ha lavorato a lungo nell'équipe del professor Loris Malaguzzi. E’, inoltre, consulente di case editrici e riviste specializzate. P. Tromellini sottolinea l’importanza della dimensione spirituale nei fanciulli, sostenendo che la trascendenza è un valore essenziale per i bambini, in quanto fa parte dei loro pensieri.Dunque, affinché gli adulti possano comprendere i racconti infantili riguardo a questo tema devono mettere da parte il loro modo di ragionare da grandi, le relative conoscenze che ritengono di possedere sull’argomento. Non esiste un’età uguale per tutti per avviare la riflessione su di sé e sul proprio mondo interiore, poiché questa varia a seconda delle situazioni che ciascun bambino vive nell’infanzia. In questa ricerca di se stessi, di fronte a possibili eventi tragici, come la morte di una persona cara, è importante la presenza dei genitori che aiutino il bambino a capire una situazione che appare incomprensibile e irreale, dialogando con lui per non farlo sentire solo. Il percorso interiore del bambino, infatti, è molto complicato, assomiglia ad un labirinto in cui egli avverte di appartenere ad una realtà spirituale nella quale si contrappongono il visibile e l’invisibile, il bene e il male. Dai racconti dei fanciulli emerge, infatti, il loro bisogno di punti di riferimento, di certezze, in quanto si trovano nel periodo in cui stanno organizzando la propria personalità. Per cui, mentre da un lato sono desiderosi di raggiungere la propria autonomia, dall’altro vogliono essere aiutati da qualcuno che individuano in Dio, considerandolo un padre, una madre, un maestro.Il Paradiso lo vedono come un luogo dove possono sperimentare ciò che desiderano, ad esempio litigare con le stelle, giocare a palla con le nuvole, incontrare il nonno tanto amato che passeggia con l’arcobaleno. Inoltre pensano agli angeli come ad amici fantastici, invisibili ma presenti e ai quali possono raccontare i più intimi segreti.In questo consiste la spiritualità infantile che si sviluppa quando il bambino comincia a rendersi conto dell’esistenza del dolore e della sofferenza, quindi degli aspetti incomprensibili della vita e dei suoi ostacoli ai quali cerca di attribuire un senso, tentando di spiegare l’inspiegabile. Il bambino vede in Dio un genitore forte e potente che, con tutto il suo amore, è sempre presente nei momenti più difficili della giornata. Questi pensieri, dunque, infondono al bambino una tranquillità e una pace interiore che, alla sera, gli permettono di addormentarsi subito, perché gli consentono di dare un senso alla giornata appena vissuta.Si sta bene, infatti, quando si comprende che ogni cosa ha un significato. E’ proprio nel silenzio e nell’intimità della sera, quando termina il frenetico ritmo quotidiano di grandi e piccoli, che nasce nel bambino la ricerca della trascendenza la quale, in seguito, farà parte del suo essere adulto, qualunque sarà la sua futura scelta, laica o religiosa. I bambini devono sentirsi liberi di avanzare in questo cammino spirituale, nella ricerca di una felicità e di un amore presenti al di là della realtà sensibile, ma in quest’avventura devono essere guidati da chi sta loro vicino. Spesso, infatti, si avverte una sensazione di solitudine di fronte ai quesiti eterni dell’uomo, cioè se siamo soli nell’universo, se esiste una realtà dopo la morte, qual è il senso della vita. E se ciò vale per gli adulti, a maggior ragione i bambini si sentono fragili e indifesi dinanzi a tali complessi problemi. Diventa, dunque, fondamentale la presenza di un adulto che li guidi alla ricerca delle risposte. Le teorie psicologiche, infatti, sottolineano l’importanza vitale, nello sviluppo del bambino, del rapporto che egli instaura con la madre. Quest’ultima ha un ruolo fondamentale nel dargli un sostegno amoroso e protettivo, nell’aiutarlo, man mano che cresce, a comprendere il mistero della vita, del dolore, della morte, ad affrontare e superare le varie paure legate a ciò. La madre, infatti, fa comprendere al bambino che quando muoiono le persone che amiamo, non vanno via definitivamente, ma rimangono nel nostro ricordo, nei nostri cuori e non scompaiono mai, poiché restano sempre accanto a noi. L’assunzione di questo atteggiamento, attraverso il racconto di esperienze vissute, è fondamentale per un bambino perché lo si salva dal dolore più grande che possa sperimentare, cioè la solitudine, il non poter condividere con qualcuno le proprie paure. La trascendenza è presente in ogni bambino, poiché i valori spirituali sono parte integrante della persona; verso i quattro - cinque anni, i bambini si interrogano sui significati della vita e nasce in loro il timore della perdita, soprattutto della scomparsa della madre o del padre. Dunque, di fronte a ciò, il tempo che il genitore dedica ad ascoltare il figlio e a dialogare con lui non è tempo perso, anzi è un aiuto a fargli superare i primi dolori esistenziali. I fanciulli, infatti, non sono ancora in grado di affrontare il dolore con giusto distacco, per trasformarlo in occasione formativa, perciò, se hanno qualcuno con cui parlarne, esso diventa più sopportabile. Questo qualcuno può essere un genitore, o anche Dio che per il bambino è, come i genitori, una persona buona che gli è accanto durante la crescita, per alleggerire le sofferenze.Il dialogo, dunque, è l’unico strumento del saggio educatore e il senso di responsabilità esige che i genitori siano una presenza attenta, affinché i figli possano vedere in loro un modello di riferimento in relazione alle problematiche esistenziali.Howard Gardner sostiene che i bambini sono dotati, tra le varie forme di intelligenza, linguistica, logico-matematica, relazionale, musicale e spaziale, anche di intelligenza spirituale. Quest’ultima non è molto documentabile a livello scientifico, ma emerge quando il bambino si interroga sui misteri della vita. I bambini spesso all’asilo, o a scuola, fanno queste riflessioni in silenzio, ascoltando il loro cuore, fermando per un po’ la loro energia esteriore e dando spazio a quella interiore, perché il cuore dei bambini è aperto e disponibile ad accogliere il mistero di Dio. A loro Dio piace perché lo vedono come un eroico personaggio delle storie, ne sentono vicina la presenza. Per questo motivo, sin dalla tenera età, bisogna impartire una buona educazione ad una concezione spirituale che non deve essere mai più tralasciata; cioè bisogna dare ai bambini un aiuto a sviluppare la loro personale capacità di intuire il mistero. C’è un sottile, ma continuo passaggio, infatti, tra il realismo infantile, animistico e artificiale, e lo sviluppo spirituale del bambino il quale trasferisce ciò che gli piace e a cui è legato affettivamente in un luogo dove tutto è pace e tranquillità, cioè il Paradiso che è la casa di Dio, e vuole che rimanga lì per sempre e non scompaia mai. In questo luogo, i bambini sanno che a far compagnia a Dio ci sono gli angeli nei quali vedono una guida, come lo sono il padre e la madre. Ai bambini, infatti, dà sicurezza pensare che anche gli angeli possiedono una casa. Gli angeli non sono figure strane nella visione infantile, ma normalissime, anzi i bambini che stanno disegnando un angelo sostengono non di vederlo, ma di pensarlo nella loro testa, perché dicono che nel cervello ci sono le cose che esistono e quelle che non esistono. Sul piano dei comportamenti, invece, sanno che gli angeli sono diversi dai bambini perché gli angeli volano, possono perdonare o no, decidono delle sorti degli uomini, sono misteriosi, capaci di azioni speciali. I bambini pensano che, a parte queste imprese straordinarie, anche se gli angeli abitano in cielo e volano, per essere felici hanno bisogno di amicizie e perciò considerano i bambini loro amici con i quali, pur non parlando, comunicano inviando messaggi. Quindi i bambini sanno che gli angeli sono molto vicini a loro, pur se non li vedono concretamente. Conoscono come sono fatti dalle descrizioni degli adulti, o attingendo all’iconografia tradizionale. I bambini riescono a sentire gli angeli accanto a loro, vicini ai sentimenti e alle emozioni del loro mondo interiore, perché sono liberi dai pesanti condizionamenti degli adulti. Inoltre la loro opinione sul mondo soprannaturale è talmente genuina e spontanea che non temono di avvicinarsi alla spiritualità, anche attraverso la preghiera la quale li aiuta ad uscire dal loro egocentrismo. I bambini, però, per pregare, hanno bisogno di esempi, di vivere in prima persona affetti e relazioni; dunque, affinché possano vivere serenamente la propria spiritualità ed essere desiderosi di esternare questi loro sentimenti, diventa necessaria la presenza di figure genitoriali in grado di instaurare con loro una comunicazione autentica. I genitori pertanto devono essere referenti autorevoli e, nello stesso tempo, interlocutori disponibili all’ascolto, attenti ai bisogni dei figli che vogliono capire i temi inspiegabili della vita, come la morte, l’esistenza di un Dio e di una realtà che non si vedono. Devono rassicurarli con le parole più appropriate, senza dare loro verità preconfezionate. L’ambiente familiare in cui il bambino vive è infatti fondamentale per il suo sviluppo equilibrato; se un bambino vive con genitori amorevoli che gli danno spiegazioni sui primi dubbi e ansie esistenziali, si genererà in lui una naturale e serena consapevolezza del suo essere al mondo. La spiritualità, sia nelle sue prime forme, cioè quando il bambino pensa che chi muore possa giocare a nascondino tra le nuvole e là incontrare gli amici, o che Dio sia un genitore premuroso e forte e possa realizzare tutto ciò che si desidera, sia nelle forme sempre più complesse, ha bisogno di essere nutrita. In ciò un ruolo fondamentale lo svolgono i genitori i quali devono essere compartecipi, insieme alla scuola, della formazione spirituale dei figli e dello sviluppo della loro ricchezza interiore. Anche se questa affermazione sembra scontata, in realtà non lo è, perché sono molti, oggi, purtroppo, i genitori incapaci di accompagnare i figli in questo percorso, di instaurare con loro un dialogo autentico basato sull’ascolto. Anche all’interno della scuola, mancano competenze del genere; essa, purtroppo, si limita alla semplice trasmissione di nozioni, ma non provvede alla formazione spirituale e interiore dei ragazzi. Il risultato è che viviamo in una società in cui gli uomini e le donne sono orientati a cercare la felicità nell’esteriorità, ma sono sempre insoddisfatti. Per raggiungere il benessere autentico, invece, è necessario dare la priorità alla vita interiore, perché è una parte costitutiva dell’uomo, perciò il diritto alla spiritualità va affermato con convinzione e difeso. Questo vale per tutti, laici, per chi fa scelte religiose, per le persone di qualunque cultura, per coloro, cioè, che vogliono vivere con consapevolezza. L’infanzia ci indica una strada per riscoprire la vita interiore che spesso abbiamo dimenticato nell’età adulta. Bibliografia: Cfr. P. Tromellini, Cosa pensano i bambini di Dio. Viaggio nella spiritualità infantile, Salani, Firenze 1998.Dott.ssa Iolanda d’Abbruzzo, Pedagogista - Consulente filosofico, bioetico e pedagogicoChiedi alla pedagogista di "Psicopedagogia". Leggendo attraverso anima e relazioni.