CHE COS’E’ LA BELLEZZA. “ARMONIOSA INDAGINE” NEI MEANDRI DELLA FILOSOFIA...

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CHE COS’E’ LA BELLEZZA. “ARMONIOSA INDAGINE” NEI MEANDRI DELLA FILOSOFIA...

Cittadellinfanzia

Parlare di bellezza ci porta ad indagare sia l'ambito estetico che quello etico dell'esistenza. La parola ‘estetica’ etimologicamente viene da aìstesis, cioè tutto ciò che investe i sensi, e dal verbo aistànomai, che significa percepire attraverso i sensi. Quindi, la bellezza colpisce i nostri sensi, vista in questa ottica è qualcosa che ci colpisce e, in quanto tale, esercita su di noi un potere. Anche Thomas Mann usa il termine trafiggere, parlando di bellezza e, così facendo, carica la parola di un significato che la avvicina molto alla parola amore.
La bellezza è ciò che trafigge, così come l'amore.
Alla luce di questa definizione possiamo dire che il bello è ciò che mi colpisce, che esercita su di me potere e non viceversa. Il professor Galimberti, intervenendo sulla bellezza al festival della filosofia di Modena, afferma che la prima volta in cui è stato utilizzato il termine bellezza risale sicuramente nel libro della genesi, dove si racconta che Dio, dopo la creazione del mondo, osservando il creato dice che ‘tutto questo è TOB’, termine aramaico che il greco traduce col termine Kalòs. Questo termine è sempre abbinato ad un altro AGATOS, che significa buono.
Nella cultura greca ciò che è bello è anche buono.
Questa è la CALOCAGATIA, concezione per la quale non si può coltivare solo il corpo, ma anche l'anima deve avere un suo nutrimento e una sua bellezza strettamente corrispondente all'esteriorità. Per il mondo greco è importantissimo cercare costantemente l'armonia tra finito e infinito, tra determinato e indeterminato, perché quella greca è una cultura basata sul "visivo", che cerca uno sguardo onnicomprensivo sulla realtà, per catturarne le leggi sulle quali, poi, modellare la vita umana.
Quindi, dalla contemplazione della natura, all'educazione dell'uomo.
Platone, nel Filebo, dice che la bellezza è  "Suncherabito”, che tradotto significa  “la giusta mescolanza”, la giusta proporzione tra gli ingredienti, perché "Meden agan", ovvero “nulla di troppo è l'atteggiamento giusto”, perchè “metron ariston”, cioè “la misura è la cosa migliore”! Simone Weil, filosofa e mistica del 900, dirà che questa armonia e misura ha in sé, però, un ORDINE INFLESSIBILE al quale non si può  disobbedire, infatti  nell'architettura, così come nella musica, nessun elemento può essere sottratto o spostato, se non a condizione di stravolgerne l'armonia e l'equilibrio.
L'armonia, la misura, se è osservata attentamente, è in grado di produrre l'EUDAIMONIA, cioè la felicità.
Platone scrive che deve esserci un graduale passaggio dalla bellezza dei corpi alla bellezza delle idee, alla bellezza delle leggi, fino a giungere alla bellezza della conoscenza in sé, cioè ad una bellezza astratta. Riguardo questo aspetto dell'astrazione nella filosofia buddista, non esiste né la bellezza che affascina né la bruttezza che repelle.
L'unica bellezza che va contemplata è quella di un cuore compassionevole.
A questo punto ci siamo spostati nell’ambito propriamente ETICO, se parliamo di bellezza come felicità e/o compassione. Simone Weil afferma che il bello è una macchina per trasformare energie basse in energie elevate e, dunque, dove c'è bellezza c'è progresso spirituale. Ma, a questo punto provocatoriamente chiederei:


qual è il contrario di bello?


La bellezza è utile? Le parole belle sono importanti?
Sicuramente, il contrario di bello è tutto ciò che rappresenta l' illimitatezza, il trascendimento, il non rispetto della proporzione e dei limiti.                               
Nella nostra epoca del ‘furore’ e del ‘calcolo’, per dirla in modo Heideggeriano, dove non esiste più il limite, la misura, ma il sovvertimento nel nome della crescita, è possibile ancora uno spazio per la bellezza? Probabilmente la bellezza, così come l’amore, in una società tecnocratica utilitaristica come la nostra, dove ciò che conta è solo il profitto, non è più un valore perché è  inutile, non produce nessun altro valore, soprattutto economico. In questa ottica non esistono più neppure belle parole, autentiche, viste le mistificazioni cui il linguaggio si presta e, se i pensieri che noi possiamo pensare sono solo quelli limitati alle parole che possediamo, come diceva Heidegger, in una società come la nostra in cui le parole si vanno sempre più riducendo, siamo destinati forse ad un pensiero più sterile? E, laddove non hai parole per spiegare e sentire il mondo intorno a te, non stai sicuramente declinando verso l'animalità?



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Il giardino delle parole...



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