Andare d'accordo con i tuoi? Solo se fossi bamboccione...Storie di quarantenni

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Andare d'accordo con i tuoi? Solo se fossi bamboccione...Storie di quarantenni

Cittadellinfanzia.it
Pubblicato da Città dell'Infanzia in PARLIAMO DI... · 4 Febbraio 2019
Tags: quarantennibamboccioniautostimagenitori
Incompetenti, inutili, superficiali … pensanti. Questi sono solo alcuni dei “difetti”  che i genitori dei quarantenni di oggi sono soliti riscontrare, anche se non denunciato in modo diretto, quando osservano le vite dei propri figli. Siamo decisamente di fronte all’ennesimo problema generazionale.

Nella maggior parte dei casi un genitore di un figlio quarantenne non ha minimamente cognizione di quello che il figlio compie quotidianamente.

In campo “professionale” se alcuni si “salvano”, parzialmente,  con i lavori “tradizionali” (avvocato, medico, pizzaiolo, muratore…) altri che, per delitto o offesa, abbiano deciso di catapultarsi nel nuovo mondo (che oggi, ricordiamo, parla di IA – Intelligenza Artificiale), devono fare i conti con un totale rifiuto delle proprie vite che, troppo spesso, porta al disconoscimento delle stesse anche al di là della professione. Il solco che separa intenti e percezioni è talmente profondo da rendere impossibili anche piccoli scambi di opinioni che, essendo oggettivamente, distanti ere glaciali, porterebbero a inevitabili e spiacevoli scontri.

Il genitore, inconsciamente, rifiuta un figlio che non condivide le sue opinioni o che non sia “prosecutore” del suo modus vivendi.

Se già nella generazione precedente questo avveniva in modo spesso disturbante, oggi il gap è divenuto invalicabile a causa della velocità del mondo che viaggia in 3.0. Che scenario si apre davanti ai nostri occhi, quindi? Quando i genitori non sono in grado di fungere da sostegno, i figli 3.0 spiegano le ali a migliaia di chilometri di distanza, paradossalmente, però, migliorando in modo netto il rapporto umano coccolato dalla distanza (non vedo, non sento, non parlo). Nel caso in cui, invece, un genitore possa offrire una pacca sulla spalla di natura economica, permettendo al proprio figlio di restare, accade, frequentemente, che i due treni viaggino su binari paralleli senza la possibilità di intravedere, in lontananza, anche un minimo punto di incontro. “Ai miei tempi NOI non facevamo questo”, “Eh, se avessi scelto un lavoro con busta paga…” (come se fosse possibile nel XXI secolo scegliere), “voi che NON sentite i TG e leggete i social” (anche se i figli svolgono lavori nel mondo della comunicazione)...Voi, voi, voi contro noi, noi, noi. Una guerra fratricida di giudizi dove, però, l’unica vittima è il figlio; un figlio totalmente inadeguato e auto troncato anche nel tentativo di parlare di sé, della sua vita, dei suoi sogni.  Un continuo, esacerbante, logorante rapporto che non ammette “differenze” e, chiusi nella cattedrale delle loro inflessibilità, i genitori decidono di serrare le porte a qualsivoglia conoscenza dell’universo dei propri figli e, nei casi più estremi, scoprire frammenti delle loro vite dagli altri.


Dal film TANGUY

Sconosciuti che, per caso, si ritrovano in determinate circostanze, a condividere uno spazio, fermo restando che nella guerra si debba, necessariamente, fingere di essere affetti da ebetismo per non incorrere in un disagio ben più grande. La supernova su cui corrono i figli, ovviamente, non fa che allontanare, non solo ideologicamente ma anche emotivamente, i genitori nei quali si ravvisa solo un dito puntato “a prescindere” da qualsivoglia intenzionalità. Diventa un rapporto di “compromesso” traghettato con pochi contatti di servizio: “hai dormito bene?”, “hai avuto mal di testa?”, “cosa mangi oggi?”, “i nipotini hanno fatto i compiti?”, “sono andato al cinema”, “ho sentito che quella casa vale X”, “che si fa a Pasqua, Natale, Ferragosto, Ognissanti….?”, "stai mettendo i soldi da parte per la pensione?" (pensione?!), argomenti o domande  di fronte alle quali il figlio deve comunque osservare un silenzio religioso e/o assenso e/o blandi balbettii non compromettenti. Il problema più grande insorge nelle personalità fragili che, spesso, divengono brandelli tra le fauci inconsapevoli dei genitori, imponendosi un’auto-estinzione di  desideri o certezze e conseguente compromissione delle relazioni umane. Sopravvivono i più forti. La sopravvivenza è, infatti, non data esclusivamente dal denaro, ma dalla capacità di un individuo di credere nei propri sogni e  ascoltare la voce in fondo al proprio cuore non cercando, necessariamente, approvazione. I nuovi quarantenni sono, troppo spesso, vittime di carnefici che non hanno visione laterale della vita e che hanno costruito un universo in cui loro sono unici detentori di verità contro tutto e tutti.

Nessuna relazione, nessuna apertura, nessun obiettivo, nessuna curiosità. Ecco la parola-chiave: la curiosità.

Quello che ha determinato l’evoluzione dei tempi è stata la necessità dell’uomo di scoprire, di mettersi in discussione, di pensare che al di là del mare potesse esserci altro ancora. La follia nuda e cruda di chi ha pensato e pensa, tutt’oggi, che solo assecondando i pensieri più controversi si possa cambiare realmente il mondo. E’ un messaggio che i quarantenni dovrebbero tenero vivido nella propria mente da tramandare alle generazioni future, consapevoli che anche una scelta controcorrente, assecondata dall'istinto, potrebbe determinare il cambiamento di rotta nella vita di qualcun altro. La serenità di accettare quello che non si può cambiare, pur amando i propri genitori e rispettandoli,  e la determinazione nell’affrontare le sfide intrise di vita, amore, speranza e bramosia di cambiamento che palpitano nel profondo del proprio cuore. Non siamo fatti per tutti, né per realizzare i sogni di altri e ogni esistenza ha un suo perché mai identico all’altro. L’unica approvazione che dovete ricercare è quella della vostra immagine riflessa nello specchio. La sola capace di dirvi la verità. Siate folli e curiosi!

Puoi cercare in tutto l’universo qualcuno che sia meritevole del tuo amore e del tuo affetto più di te stesso e non lo troverai in alcun luogo. Tu stesso, come chiunque altro nell’intero universo, meriti il tuo amore ed il tuo affetto. (Buddha)


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